Nei villaggi lacustri dell’età del Bronzo sui due versanti dell’arco alpino i resti di tessuto mostrano che la fibra più frequentemente utilizzata è il lino, ad Alba forse prima del 1200 a.C già in associazione con una varietà di canapa. L’uso della lana viene riservato ai mantelli.
La tessitura su telai verticali permette varie elaborazioni, mentre spesso l’orlo inferiore degli abiti termina in una frangia di trecce.
Per la tintura sono pochi i dati disponibili. La tela di lino può mantenere la tonalità della fibra cruda o un colore bruno-giallastro ottenibile con molte varietà di erbe.
L’uso di fili già tinti permette di ricavare a telaio, soprattutto con la lana, motivi a quadretti o a scacchiera, documentati anche dalle incisioni rupestri alpine già dal III millennio a.C.
Per le cuciture con aghi in osso e in bronzo viene usata soprattutto la fibra ricavata dall’ortica, molto resistente.
L’abbondanza di ornamenti in metallo, filo o lamina, suggerisce uno scarso uso del ricamo.
IL PETTININO DI VIVERONE
Un pettine-pendaglio in bronzo, rinvenuto nelle palafitte del lago di Viverone e conservato al Museo di Antichità di Torino, rappresenta nell’originale stilizzazione grafica gli elementi del costume di una giovane fanciulla dell’età del Bronzo, riferendosi ai ritrovamenti danesi.
Sopra a componenti di biancheria ricavati da fibre vegetali era indossata una casacca più spessa in lana ed un gonnellino di frange intrecciate.
Si ipotizza l’impiego di una stola leggera appoggiata sulle spalle e fissata da due spilloni per formare un comodo cappuccio e sostituire nella bella stagione il mantello di lana.
Gli spilloni vengono usati fino almeno al XIII sec aC, quando compaiono le prime fibule.
Decorazioni a spirali di bronzo, terminano a doppio spillo per il fissaggio diretto alla stoffa, meramente decorativo.
Pendagli ad occhiello, pendenti da un gancetto di lamina, si fissano sul collo aggrappandoli al laccio di chiusura della casacca o ad un filo di collana.
(Testi a cura di Giulia Berruto)
